5 dicembre 2011

Lepo Sumera

Lepo Sumera (1950-2000) fu uno degli allievi di Heino Eller che fondò a Tartu, intorno agli anni trenta, la prima vera scuola di composizione dell'Estonia (tra i suoi allievi anche Eduard Tubin e Arvo Pärt).
La musica estone della seconda metà del '900 ha sviluppato una propria spiritualità di tipo minimalistico, basata anche sul folkore popolare, con evidenti richiami stilistici al minimalismo americano di John Adams e Philip Glass. La musica di Sumera sviluppa il materiale sonoro attraverso la ripetizione dei temi, obbedendo anche ad uno schema tipico delle canzoni runiche dell'antica Estonia.


Sumera fece parte di un gruppo di intellettuali estoni che si impegnarono per il rinnovamento sociale e culturale del paese. Fu fondatore dello Studio di Musica Elettronica, nonché Ministro della Cultura.


14 novembre 2011

Bukka White

Bukka White (? - 1977), il cui vero nome era Booker T. Washington White, imparò giovanissimo a suonare la chitarra da suo padre, un operaio delle ferrovie che nei fine settimana si dilettava a suonare vari strumenti. Quando la famiglia si trasferì nella zona del Delta del Mississippi, il giovane White rimase colpito dalla musica di Charlie Patton che ne influenzò lo stile.

Le sue prime incisioni risalgono al 1930 a Memphis per l'etichetta Victor, ma la crisi economica lo costrinse ad altri lavori. Diventò anche pugile professionista e giocatore di baseball. Nel 1937 tornò in sala di registrazione a Chicago, ma poco dopo venne arrestato aver sparato ad un uomo e incarcerato per tre anni al Mississipi State Penintentiary chiamato anche Parchman Farm (prigione che accolse molti dei primi bluesmen). Durante questo periodo scrisse alcuni brani diventati classici come Parchman Farm Blues, Good Gin Blues, Bukka's Jitterbug Swing, Fixin' to Die Blues e registrò due canzoni per gli etnomusicologi John e Alan Lomax. Quando nel 1940 Bukka White uscì di prigione, andò a vivere a Memphis e si mise a lavorare in un’industria che faceva carri armati per la seconda guerra mondiale.

Nel 1962 un giovane musicista esordiente, che aveva scelto di chiamarsi Bob Dylan, registrò il suo primo album inserendo una cover di Fixin' to Die Blues. Questo evento sarà determinante per l'attività musicale di Bukka che fu rintracciato e riscoperto da John Fahey e dal suo amico produttore Ed Denson. Incide l’album Mississippi blues e poi altri ancora fino al 1975, effettuando anche concerti e partecipando a folk festival. Da ricordare anche che Bukka White era cugino di B.B. King, molto più giovane di Bukka, che ha sempre riconosciuto il debito musicale nei confronti del cugino maggiore.

12 novembre 2011

Mississippi John Hurt

John Smith Hurt nasce in una numerosa famiglia del Mississipi e il nome dello stato sarà aggiunto al suo dalla sua prima casa casa discografica per caratterizzare il suo luogo di provenienza. Come molti suoi coetanei afroamericani deve presto lasciare la scuola per dedicarsi al lavoro dei campi. A nove anni impara a suonare la chitarra da autodidatta e, in seguito, si unirà a musicisti del luogo per suonare in occasione di feste e banchetti domenicali.


Nel 1927 ebbe l'occasione di incidere per la OKeh Records di New York, ma i suoi sei dischi a 78 giri realizzati non ebbero successo. Frankie, Avalon Blues e Praying On The Old Camp Ground erano alcuni dei suoi pezzi preferiti, concepiti solo per divertirsi insieme alla gente e non rientravano negli stereotipi del blues che la casa discografica ricercava. Tornò quindi a lavorare come mezzadro suonando per gli amici alla sera o alle feste di paese.

Nel 1963, dopo 35 anni e in pieno periodo del Blues Revival, il giovane musicologo Tom Hoskins decide di mettersi alla ricerca di questo chitarrista dopo aver ascoltato alcune vecchie registrazioni archiviate nella Biblioteca del Congresso. All'età di 71 anni Mississipi John Hurt riprende la sua carriera musicale esibendosi in molti festival nazionali, tra i quali il Newport Folk Festival del 1964 dove suonarono anche John Lee Hooker e Bob Dylan. Seguiranno incisioni (John Hurt Today!, The Immortal Mississippi John Hurt, Last Sessions e The Best of Mississippi John Hurt), concerti e persino un'apparizione televisiva.

Il successo, che non aveva mai cercato, lo raggiungerà poco prima della sua morte avvenuta nel 1966, consacrandolo come uno dei più genuini musicisti country-blues.

4 novembre 2011

Un anno in conservatorio

Concludo questo spazio dedicato al mio primo anno da docente del conservatorio di Santa Cecilia dato che è iniziato il nuovo anno accademico.

Come ho già scritto, alla fine ho fatto più che altro delle considerazioni sullo stato dei conservatori in generale che di quello romano in particolare. Il grande e caotico cambiamento in atto nell'istruzione musicale italiana è un evento che ha messo in difficoltà quasi tutti i conservatori, in particolare quelli più grandi. Tra i tanti, un problema che si è verificato è quello della improvvisa mancanza di spazio. Corsi fatti in precedenza da un solo insegnante (jazz e musica elettronica, per esempio) si ritrovano attualmente organizzati con materie nuove che hanno determinato l'immissione di altri docenti (spesso esterni, anche se la legge prevede l'utilizzo prioritario di docenti interni). Non parliamo poi delle (doverose) immissioni della musica antica e, in qualche caso, della popular music. Una conseguenza è stata quella della mancanza di aule e strutture adeguate. In particolare i conservatori come Santa Cecilia, ubicati in prestigiose sedi storiche, non possono moltiplicare gli spazi legati anche da vincoli architettonici. Morale: o si trovano sedi aggiuntive (come cerca di fare il nostro direttore), o si è costretti a difficili convivenze e ad effettuare un rigido orario che non tiene conto delle esigenze didattiche.

Per concludere vorrei scrivere sulla situazione degli studenti che sono la categoria più penalizzata da questa situazione. All'incertezza sul loro futuro, in un paese dove si considera la musica (e l'arte in genere) come cosa di poca importanza, si aggiungono numerose difficoltà pratiche. Sarebbe il caso che anche noi docenti pensassimo in primo luogo ai loro problemi e successivamente ai nostri. Pensare al loro futuro vuol dire pensare anche al nostro e questo vale anche per chi è prossimo alla pensione (sempre se ci saranno le pensioni nel futuro del nostro disastrato paese).

14 ottobre 2011

Un anno in conservatorio

Ritorno a scrivere, dopo la pausa estiva, su questo mio primo anno al conservatorio di Santa Cecilia che si concluderà tra qualche settimana. Non ho scritto ulteriori post anche perché la situazione dei conservatori, com'era prevedibile, sta sprofondando sempre più nel caos ed è imbarazzante parlarne. Al momento la novità sono questi corsi pre-accademici o di base che molti conservatori stanno attuando (in piena autonomia) in sostituzione del vecchio ordinamento andato definitivamente e finalmente in pensione. Certo il nuovo ordinamento ha molte falle e al momento stenta a decollare tanto che alcuni miei colleghi rimpiangono il vecchio. Io continuo a pensare che è pura follia tornare al passato; se il nuovo non funziona, bisogna porre rimedio sulla base di questo decennio di esperienza. Nel frattempo anche l'impegno di noi docenti continua ad aumentare con partecipazioni a commissioni di ogni genere dentro e fuori l'istituto, esami con criteri di valutazione completamente diversi tra loro, runioni, tutoraggio e chi più ne ha più ne metta. Quello che non aumenta è lo stipendio, per cui non mi sento proprio di biasimare quei colleghi che limitano il proprio impegno al minimo indispensabile.

Quello che verrà sarà il primo effettivo anno della riforma e le previsioni non sono certamente delle più rosee.

21 giugno 2011

Un anno in conservatorio

Sono finite le mie lezioni ed è tempo di fare alcune considerazioni.


Nel conservatorio di Santa Cecila permane ancora una concezione della musica che ritenevo già superata quando ne ero un allievo. L'imbarazzante estraniamento di gran parte dei musicisti dalla realtà in cui viviamo si riflette nel comportamento di molti colleghi che non prendono minimamente in considerazione l'aspetto sociale della musica. La musica, come tutte le arti, è parte importante della nostra vita: descrive, esalta, enfatizza il nostro quotidiano. La musica è principalmente una esperienza di vita che ci coinvolge sia come produttori che come fruitori. Ci basta ascoltare qualche secondo di una musica che ha segnato un particolare momento della nostra esistenza per suscitare pensieri, ricordi, emozioni e sentimenti che ci appartengono singolarmente o collettivamente. La musica del passato deve essere mantenuta in vita perché ci aiuta a capire la nostra storia, ma non può essere considerata l'espressione del presente. In conservatorio molti colleghi (e di conseguenza i loro allievi) continuano a pensare che la musica da praticare e da insegnare sia solo quella del tempo andato e appartenente solo ad alcune classi sociali. Continuano a pensare che il musicista sia e debba essere una persona al di fuori della vita reale con la sola missione di far riviere le composizioni dei grandi autori del passato migliorandone l'aspetto tecnico. Il risultato è che spesso questa musica “accademica” finisce per perdere ogni suo significato diventando un mero esercizio di abilità, più simile ad una gara dei giochi olimpici. Mi meraviglia sentire ancora dire da qualche collega che il vecchio sistema (basato sulla realtà di fine '800) è ancora valido e da preferire a qualsiasi esperienza di didattica musicale attuale.


Fortunatamente nel frattempo la musica jazz, rock e pop hanno colmato il vuoto lasciato dalla sedicente musica colta, nonché da quella che si definisce ancora “di avanguardia” anche se ripropone costantemente esperienze musicali vecchie di vari decenni e che non sono mai state espressione della società contemporanea. Ai tempi di Verdi, ascoltare la sua musica era parte della storia che si stava vivendo. Così anche per Beethoven, Mozart, Puccini, Wagner e tutti gli altri. Dopo il secondo conflitto mondiale, tranne qualche eccezione, il loro ruolo è stato preso da Parker, Mingus, Piazzolla, Zappa e da tanti altri, ma a Santa Cecilia (e nei conservatori in genere) sembra che molti non se ne siano accorti.

10 giugno 2011

Sonata per flauto e pianoforte op.94 di Sergej Sergeevič Prokof'ev

Durante la seconda guerra mondiale, a causa dell'invasione nazista del giugno del 1941, Prokof'ev e altri rinomati artisti sovietici vennero evacuati da Mosca in località lontane e più sicure. Il compositore, in compagnia della giovane seconda moglie Mira Mendelsshon, si trasferì dapprima a Nalčik (Caucaso settentrionale), poi a Tbilisi (Georgia), a Alma Ata (Kazakhstan, oggi Almaty) nel giugno 1942, l’anno successivo a Molotov (Urali centrali, oggi Perm'), per tornare a Mosca nell’ottobre del 1943. Durante questo periodo Prokof'ev ebbe l’opportunità di lavorare con grande energia. Vedono così la luce le Sonate per pianoforte nn. 6, 7, 8; il Secondo Quartetto per archi; le musiche per il film Ivan il Terribile di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn (con il quale aveva dato vita a uno dei più famosi soldalizi artistici del secolo nel precedente film Aleksandr Nevskij); il balletto Cenerentola; la possente Quinta Sinfonia e soprattutto l’opera Guerra e Pace. In questo periodo di esilio forzato viene composta anche la Sonata in re maggiore per flauto e pianoforte op. 94.
Prokof'ev dichiarò di essere attratto dal flauto perché convinto che fosse uno strumento non sufficientemente valorizzato dalla letteratura musicale. Il suo desiderio era quello di conferire alla Sonata i colori chiari e vivaci della musica classica contrapponendoli a elementi modernistici e realizzando in questa maniera una sintesi della propria arte compositiva. Non mancano episodi caratterizzati da uno spirito popolare, forse dovuti anche all’influenza delle località dove soggiornò forzatamente durante la guerra. Composta a Alma Ata nell’estate del 1943 la Sonata fu eseguita per la prima volta a Mosca dal flautista Nikolai Charkovskij e dal grande pianista Svlatoslav Richter il 7 dicembre dello stesso anno. Purtroppo la Sonata si rivelò eccezionalmente difficile per i flautisti dell’epoca per cui non entrò subito nel repertorio flautistico. Alla prima esecuzione era presente il violinista David Oistrakh che si appassionò subito del pezzo tanto da convincere Prokof'ev ad adattarla per violino con la sua consulenza. In questa versione il lavoro trovò un immediato successo che fu causa dell’errata convinzione di essere scritta originariamente per questo strumento. Richter ebbe a dire: “Dopo la Settima Sonata (per pianoforte) Prokof'ev scrisse la Sonata per flauto che in seguito riarrangerà per violino , dato che i flautisti non si erano proprio precipitati a suonarla. (...) È meglio conosciuta come Seconda Sonata per violino, ma è molto migliore nella sua versione originale per flauto.”

27 maggio 2011

Frank Zappa - la vita e le opre (parte 2)



la fine degli anni '60


Fin dal primo lavoro Zappa ha mostra il suo talento nel comporre svariate melodie che successivamente frammenta per usarle come materiale per i suoi collage musicali. La maggior parte delle sue linee melodiche potrebbero formare l’ossatura di varie canzoni di successo, nella scia dei più famosi song-writer di Tin Pan Alley, ma non è questo il suo fine.
Con Ray Collins (voce), Roy Estrada (basso), Jimmy Carl Black (batteria e tromba), Don Preston (tastiere), Bunk Gardner (sassofono) e Billy Mundi (percussioni) forma un gruppo capace non solo di suonare musica di buon livello, ma anche di esibirsi in vario modo alternando gag e sketch comici con improvvisazioni jazz o citazioni di vari generi musicali. Con questa formazione base, ampliata mediante l'inserimento di altri musicisti e con la partecipazine di amici, Zappa registra l’album Absolutely Free che esce nel maggio del 1967. L’album inizia con l’imitazione del presidente Nixon in Plastic People che già nel titolo contiene la definizione di Zappa della società americana contemporanea. L'esposizione del programma zappiano continua con il melodico The Duke Of The Prunes e tutti i brani seguenti sono in collegamento tra loro, come di prassi in un concept album, nell’intento di provocare e risvegliare le coscienze della pigra media borghesia americana. Il lavoro è impreziosito dall’uso di materiale musicale e sonoro di vario genere che fino allora nessuno aveva osato accostare. Con disarmante semplicità si passa dalle filastrocche per bambini alla musica d’avanguardia, dal cabaret Brechtiano alla musica bandistica, al free-jazz, al musichall e via discorrendo. America Drinks And Goes Home conclude il lavoro con un amaro apologo della società consumistica che spersonalizza l’individuo conformandolo alle leggi di mercato e del potere. L’album è tutt’ora considerato dalla critica come uno dei migliori dell’intera produzione di Frank Zappa.Con il passare del tempo migliora il livello di tecnica strumentale delle Mothers e questo grazie anche all’inserimento di musicisti di varia estrazione. In We’re Only In It For The Money (1967) si aggiunge al gruppo il multi-strumentista Ian Underwood di formazione classica e jazz. L’album è una parodia di Sgt. Pepper dei Beatles ed è sempre realizzato con l’ormai collaudata tecnica del collage e con elaborazioni fatte in sala d’incisione. I brani narrano storie surreali dove si incontrano strani personaggi, come quelli descritti in Let’s Make The Water Turn Black e in Idiot Bastard Son, che rappresentano un quadro della nazione americana del tempo. Non mancano brani allora considerati sperimentali come Nasal Retentive Calliope Music e The Chrome Plated Megaphone Of Destiny che conclude il lavoro facendo sprofondare l’ascoltatore in una sorta di inferno cacofonico.Nel 1966 Zappa aveva anche iniziato a comporre le musiche di quello che sarà il suo primo disco orchestrale, nonché il primo senza le Mothers Of Invention (anche se elementi del gruppo partecipano al progetto) Per la realizzazione di Lumpy Gravy forma un’orchestra scegliendo strumentisti di estrazione jazzistica (fiati e percussioni) e rock (chitarre) chiamata Abnuceals Emuukha Electric Symphony Orchestra & Chorus. L’album esce nel 1968 con brani musicali alternati da dialoghi surreali registrati anche all’insaputa delle persone coinvolte.Gli interessi di Zappa non si limitano al solo aspetto musicale. Sempre interessato alla cinematografia, decide di realizzare un film underground che al momento non riuscirà a completare e che uscirà solo nel 1987. La colonna sonora del film costituirà il materiale per l’album doppio Uncle Meat del 1969. Questo lavoro marca l’evoluzione dal primo periodo collagistico ad una fase più vicina al jazz e che si distacca dal percorso della musica rock coeva. L’album è principalmente strumentale e la formazione delle Mothers ha raggiunto il suo apice. La forma più utilizzata è quella della “variazione”, con continue ripetizioni delle melodie. Il brano in questo senso più caratteristico è senz’altro King Kong, trasposizione musicale del mostro creato da Hollywood. Gli esecutori si alternano nell’esposizione del tema passandosi il ruolo guida da uno all’altro in una struttura base che si apre all’improvvisazione. Nei brani strumentali Nine Types Of Industrial Pollution e Project X si può apprezzare l’evoluzione compositiva di Zappa per il quale la definizione di musicista rock diventa ormai inappropriata e decisamente riduttiva.La fine del decennio è per Zappa una stagione particolarmente fertile durante la quale lui e il suo gruppo perfezionano la fusione di rock, jazz e altri generi musicali contribuendo all’abbattimento delle barriere culturali tra la musica sedicente colta e quella di più recente estrazione popular (ricordo che anche la musica classica ha antiche radici popolari delle quali spesso e in malafede ci si dimentica).
Uno dei più grandi album di Frank Zappa (ormai senza le Mothers) e di tutta la musica moderna è decisamente Hot Rats (1969) nel quale ritroviamo Captain Beefheart (in Willie The Pimp, unico brano cantato) insieme a Underwood e ai violinisti Don Sugarcane Harris e Jean-Luc Ponty che caratterizzano il suono di quest’opera irripetibile. Con Ponty la collaborazione continuerà anche in seguito, in particolare nel disco del violinista francese intitolato King Kong (1970) nel quale Zappa può veder realizzate le sue ambizioni di compositore jazz.
Weasels Ripped My Flesh documenta il periodo del 1967 e 1968, con le Mothers al culmine del loro periodo jazz. Su tutto troneggia  l'Eric Dolphy’s Memorial Barbecue.


Nell’ottobre del 1969 Zappa scioglie le Mothers. Postumo esce il loro ultimo disco, Burnt Weeny Sandwich (1970). In questo album ci sono alcune suite come Holiday In Berlin e il tema eponimo, mentre sulla seconda facciata troviamo uno dei grandi brani strumentali del periodo Little House I Lived In.

26 maggio 2011

Ferenc Farkas

Il compositore ungherese Ferenc Farkas è stato una figura di primo piano tra i compositori neoclassici ungheresi. Nato a Nagykanizsa il 15 dicembre 1905 e morto a Budapest il 10 ottobre 2000, Farkas ha studiato all'accademia di musica di Budapest per poi perfezzionarsi a Roma con Ottorino Respighi. Nonostante la sua tecnica compositiva sia strettamente diatonica, Farkas segue anche le varie esperienze della musica d’avanguardia del suo tempo. Compositori come Zsolt Durkó, György Ligeti, György Kurtág sono stati suoi allievi.

Personalità di cultura cosmopolita, attinse sia dal patrimonio strumentale italiano che da quello della musica popolare ungherese. Tra le sue composizioni ricordiamo: L’armadio magico, opera in due atti; Concertino all’antica per violoncello e orchestra; Concertino rustico per corno delle Alpi e orchestra; Partita all'ungaresca per orchestra d'archi; Romeo e Giulietta musiche di scena per il dramma di William Shakespear e Contrafacta hungarica per ottetto di fiati Le Antiche danze ungheresi sono state scritte nel 1987 in stile antico originariamente per flauto e pianoforte, in seguito per quintetto di fiati.

Un anno in conservatorio

Siamo arrivati al saggio! Non è stato facile per svariati motivi, ma alla fine ce l'abbiamo fatta. Abbiamo perso qualche importante pezzo per strada, ma siamo riusciti ad allestire un discreto saggio che penso sia stato anche piacevole per il numeroso pubblico. Le uniche note dolenti sono state l'assenza di un libretto e di un programma di sala, ma questo si sapeva in anticipo. Ho provveduto io stesso a redigere un programma, stamparlo, diffonderlo tramite internet e affiggerlo in conservatorio dove potevo.

Ero un po' preoccupato per le poche prove sostenute, ma devo dire che tutti hanno suonato bene. Per la maggioranza si trattava del primo saggio in conservatorio, vuol dire che questa esperienza servirà per organizzare meglio quello del prossimo anno.

Ora ci attendono gli esami: oggi si parte con le conferme di Chiara e Irene, mentre domani ci sono le promozioni. Ai primi di luglio gli esami più importanti: il compimento inferiore di Lucrezia e il diploma di Valerio. A quel punto tirerò le somme del mio primo anno di docenza a Santa Cecilia. Per il momento posso dire che le mie aspettative erano maggiori e che pensavo di ottenere risultati migliori, ma la riuscita del saggio fa ben sperare per il futuro di questi ragazzi.

20 maggio 2011

8 aprile 2011

Van Der Graaf Generator

Nel 1967 a Manchester si forma una band che decide di chiamarsi come il generatore di Van de Graaff, ma con una sola f finale. Dei componenti del gruppo iniziale rimarrà solo il cantante Peter Hammill che con Guy Evans alla battera, Keith Ellis al basso e Hugh Banton all’organo inciderà il primo album The Aerosol Grey Machine (Mercury, 1969).
L'anno seguente esce The Least We Can Do Is Wave To Each Other (Charisma, 1970), con il sassofonista David Jackson e il bassista Nic Potter al posto di Ellis. Con quest'album il gruppo si libera delle reminescenze psichedeliche mettendo a fuoco un sound personalissimo dai toni cupi, a volte drammatici, che lo caratterizzerà tra i gruppi storici del progressive. Nonostante lo scarso successo di vendite, nello stesso anno esce H To He Who Am The Only One (Charisma, 1970) formato da 5 brani tra i quali Killer, Lost e Pioneers Over c. Durante la registrazione dell'album Nic Potter decide di lasciare la band che continua il lavoro senza l'utilizzo del basso. Questo quartetto è considerato la formazione classica e più conosciuta del gruppo, nonché quella che incide Pawn Hearts (Charisma, 1971), considerato da molti il loro lavoro più interessante e rappresentativo. Si tratta di un album fondamentale per tutta la musica progressiva. È formato da tre lunghe suite: Lemmings, Man-Erg e A Plague Of The Lighthouse Keeper.

Hammill è l'autore dei testi e di quasi tutti i brani dei VDGG, ma a causa di difficoltà economiche decide di sciogliere il gruppo per proseguire i suoi progetti solisti. I quattro rimangono in buoni rapporti e continuano a collaborare suonando nei lavori solisti di Hammill. Nel 1975 si ripresentano con il nome del gruppo e pubblicano Godbluff (Charisma, 1975).

Seguono diversi cambiamenti di formazione, sottolineati dall'abbreviazione del nome in Van Der Graaf per indicare la mancanza di una parte del gruppo, e lo scioglimento nel 1978 segnato anche dall'uscita di Vital (Charisma, 1978), un doppio album live registrato al Marquee Club di Londra.

Peter Hammill continuerà il suo percorso da solista, con risultati alterni, pubblicando numerosi album. Dopo alcune performance insieme, inaspettatamente Hammil, Evans, Banton e Jackson ricostituiscono il gruppo per registrare l'album Present (EMI, 2005). Si tratta di un album doppio con il primo cd formato da canzoni, mentre il secondo contiene improvvisazioni in studio. Segue un concerto alla Royal Festival Hall e un tour europeo. Dopo questa esperienza Jackson decide di abbandonare la band che, ridotta a un trio, pubblica Trisector (Virgin, 2008) e A Grounding In Numbers (Esoteric/ Cherry Red, 2011).

Lunedì scorso sono andato ad ascoltare il concerto romano del tour europeo dopo l'uscita di A Grounding in Numbers. Anche se ho sentito la mancanza dei fiati di Jackson, il trio ha offerto un concerto di grande livello alternando i brani recenti a quelli del passato come la bellissima Man-Erg. L'uso della voce di Hammil è sempre efficace ed essenziale, senza inutili concessioni estetiche e al servizio del testo e della musica al pari degli altri strumenti. In un buon italiano con accento British (Hammil ha collaborato con Le Orme per i quali ha anche scritto i testi della versione inglese di Felona e Sorona), durante la preparazione di un brano ha lapalissianamente commentato che: Quando è piano è veramante piano, ma quando è forte è veramente forte.

3 aprile 2011

Kora

La kora è uno strumento musicale particolarmente diffuso presso i popoli Mandinka dell’Africa occidentale (Mali, Guinea, Senegal e Gambia). del gruppo dei cordofoni, della famiglia delle arpe a ponte; organologicamente è considerata un’arpa-liuto.

La cassa di risonanza è costituita da una mezza zucca vuota (calebasse) ricoperta di pelle di animale (antilope o mucca) dal quale sporge un lungo manico su cui vengono legatele le corde tramite anelli di pelle che, opportunamente spostati, servono anche per variare l’accordatura dello strumento. In origine le corde erano solo 3, ma attualmente sono 21 con varianti da 23 fino ad un massimo di 28 corde che si ripartiscono su due file parallele e separate da un ponticello. Le corde erano tradizionalmente fatte di budello o di cuoio (antilope); oggi viene spesso usato il filo di nylon (filo da pesca) oppure le corde d’arpa. Per formare una corda più spessa con un timbro specifico (ad esempio per i bassi) talvolta si usa intrecciare i fili.

La kora è lo strumento tradizionale degli jali (djeli) o griot, una sorta di cantastorie depositari della conoscenza sulle tradizioni, le gesta degli antenati, gli alberi genealogici dei clan, ovvero dell’intera tradizionale orale del popolo. Per questo motivo i griots godono di un grande rispetto presso i popoli Mandinka e un tempo erano consiglieri del re. Ogni famiglia principesca aveva il suo griot incaricato di conservarne la tradizione e le gesta.

L’esecutore suona lo strumento ponendolo davanti a sé e pizzicando le corde con il pollice e l’indice di entrambe le mani. Ogni composizione viene eseguita seguendo una accordatura specifica: tomora ba (o sila ba), hardino, sauta e tomora mesengo che corrispondono grosso modo alla scala maggiore, alla scala minore, alla scala lidia e alla scala blues.

Un anno in conservatorio

Ieri è stato l'ultimo giorno del seminario sulle Musiche dell'Africa centromeridionale tenuto da Serena Facci.

Abbiamo incontrato due musicisti: “Kaw” Dialy Mady Sissoko (Mali) ci ha presentato la kora, Ruggero Artale (Italia) il djembé. È stato un incontro molto interessante, durante il quale abbiamo potuto ascoltare alcuni esempi e brani musicali della musica africana (zona Mali/Senegal).

31 marzo 2011

Un anno in conservatorio

Questa volta non c'era nessun sciopero, ma la partecipazione al secondo incontro del seminario Yellow Shark non è stata elevata. Ieri sono andato a vedere un interessantissimo seminario sulle Musiche dell'Africa centromeridionale tenuto da Serena Facci che è una stimatissima etnomusicologa, nonché mia amica. Anche in questa occasione, secondo me, la partecipazione del pubblico non era adeguata all'evento. Ironia della sorte, pure a questo seminario toccherà la sventura di avere una giornata (domani 1 aprile) in concomitanza con uno sciopero dei trasporti pubblici come era successo al primo incontro di Yellow Shark.

Scioperi a parte noto, che queste manifestazioni non sono molto seguite e le cause possono essere molteplici. Escludendo il disinteresse per i temi trattati (continuo a incontrare studenti e colleghi che si rammaricano di non aver partecipato al seminario su Frank Zappa), penso che ci sia un po' di dispersione delle attività. Molti mi hanno anche detto che la pubblicizzazione di questi eventi risulta insufficente, nonostante io abbia provveduto ad affiggere e distribuire depliant informativi del mio seminario. Infine l'orario antimeridiano penalizza la partecipazione sia di chi studia che di chi è impegnato al lavoro.

Tengo a precisare che queste considerazioni non intendono muovere alcuna critica, ma solo ad analizzare lo stato delle cose. Ne approfitto per ringraziare tutte le persone che hanno permesso la realizzazione del mio seminario come le ragazze dell'ufficio stampa del conservatorio e il personale tecnico e amministrativo.

17 marzo 2011

Un anno in conservatorio

Venerdì scorso ho tenuto in conservatorio il primo dei due incontri del seminario Yellow Shark su Frank Zappa. Venerdì scorso c'è stato uno sciopero generale che interessava anche il trasporto pubblico. L'ho saputo troppo tardi quando non era più il caso di cambiare data, cosa comunque difficile dato che la Sala dei Medaglioni è molto impegnata. Peccato, perchè ovviamente lo sciopero e i disagi da esso derivati hanno penalizzato la partecipazione del pubblico. Anche i miei allievi mi hanno telefonato dicendo che erano impossibilitati a venire. Comunque sono soddisfatto, perché tutto il resto è andato bene e perché l'occasione è stata per me una sorta di prova tecnica per le mie lezioni e seminari futuri. Tra gli intervenuti ci sono stati anche i colleghi Paolo Damiani e Franz Albanese che ringrazio.

14 marzo 2011

Frank Zappa - la vita e le opere (parte 1)

Prima di Zappa

La popolazione del continente americano si è formata principalmente attraverso ondate migratorie che si sono succedute periodicamente. Alla fine del XIX secolo, quando negli USA non c’era ancora una omogeneità culturale, un nuovo afflusso di popolazioni portò nel paese una grandissima varietà di etnie con le loro religioni,culture, tradizioni e musiche. Nasce così il Melting Pot americano. Anche la musica risente di questo crogiuolo culturale ed è per questo che in America si sono formati generi nuovi generi musicali come il blues, il jazz, il rock, la bossa nova, il tango che si sono poi diffusi nel resto del pianeta. Uno dei padri della musica americana fu Charles Edward Ives che ricevette la prima istruzione musicale dal padre che dirigeva la banda della sua città e che amava inventare e sperimentare nuove forme e modi di fare musica. La maggior parte delle composizioni di Charles Ives non fu eseguita per anni a causa del forte carattere sperimentale e innovativo. Per questo Ives non pensò mai di fare il musicista di professione, scegliendo il mestiere di assicuratore. Per la sua musica ha usato inni, canzoni e marce risalenti alla tradizione dei padri fondatori. I suoi esperimenti sull’uso di più tonalità hanno dato origine a uno dei primi brani politonali, le Variations on «America» per organo (1888). La sua musica fu riscoperta e apprezzata solo dopo la sua morte dalle generazioni posteriori. Il musicista che più di ogni altro ha influenzato Frank Zappa è sicuramente Edgar Varèse. Il compositore francese naturalizzato statunitense si dedicò alla musica dopo avere interrotto i suoi studi scientifici. Negli Stati Uniti si allontana progressivamente dagli ambienti musicali per entrare in contatto con scienziati, tecnici e inventori, grazie al lavoro dei quali abbandona le basi tradizionali della musica. Fu uno dei pionieri della musica elettronica con Poème Electronique (1957-58) composto in occasione dell'Exposition Universelle di Bruxelles del 1958. La sua composizione più conosciuta è Ionisation (1929/31), un brano di sei minuti basato sulla pura ritmica e ispirata dal traffico nelle strade di New York. Il pezzo presenta un organico unicamente composto di strumenti a percussione: 41 strumenti divisi tra membranofoni, metallofoni, idiofoni a frizione, a scuotimento, sirene e un pianoforte utilizzato soltanto per produrre cluster nel registro grave. Qui la forma viene generata da brevi combinazioni ritmiche (Idee Fixes) sviluppate di volta in volta dai vari strumenti impiegati. La melodia (almeno nel suo senso più comune) scompare per lasciare il posto ad episodi costruiti su contrasti ritmico-timbrici.


dagli inizi a Freak Out

Frank Vincent Zappa nasce del Maryland 21 Dicembre 1940 da genitori di origini siciliane e greche. Nei primi anni '50 la famiglia Zappa si trasferisce in California, ai margini del deserto del Mojave. L’ascolto di Ionisation di Edgar Varèse indirizzerà Zappa verso una musica realizzata spesso con l’impiego di tecniche e soluzioni innovative. Frank Zappa fin dagli esordi realizza una musica utilizzando esperienze provenienti dal rock, dal jazz e dalla musica classica. Fu forse il primo compositore che riunisce i vari linguaggi musicali del XX secolo: dal rock al jazz, dallo jodel alla musica concreta; da Stravinskij al doo-wop. A quindici diventò un appassionato di rhythm and blues e iniziò a suonare la batteria, prima di passare alla chitarra elettrica. Fece parte dei Blackouts, un complessino scolastico che suonava musica nera e che fu uno dei primi gruppi multi-razziali essendo formato da tre neri, due messicani e due bianchi. Le prime esperienze musicali consistono nel suonare nei bar, musicare commercial per le televisioni locali e comporre colonne sonore per film di serie B. Nel 1962 fu anche ospite televisivo al Steve Allen Show, dove si esibì in un “concerto per bicicletta”. In seguito aprì uno studio di registrazione a Cucamonga, che divenne la base per la sua attività discografica. Cucamonga è anche il nome dell’album che raccoglie i singoli che Zappa scrisse per altri in quegli anni (1962-64). Zappa aveva pochi amici e tra questi c’era Donald Van Vliet, noto in seguito con il nome di Captain Beefheart e che diventerà l'incarnazione dello spirito freak. Tra i suoi numerosi lavori, Trout Mask Replica può essere considerato il capolavoro del genere I due si divideranno e si riavvicineranno più volte negli anni successivi. Nel 1964 Zappa si unisce ai Soul Giants di Ray Collins, Roy Estrada e Jimmy Carl Black. Da questo gruppo nasceranno le Mothers Of Invention con le quali incide il primo album Freak Out che esce nel 1966. Freak Out è uno dei primi album doppi (la disputa è con Blonde on Blonde di Bob Dylan) e uno dei primi concept-album della storia del rock. Il termine freak out è di difficile traduzione nella nostra lingua: si può intendere come “fuori di testa” o più semplicemente “sballo”, cioè quello stile di vita in opposizione al modello tradizionale e (falso) perbenista. In Help I’m A Rock e Return Of The Son Of Monster Magnet Zappa applica la tecnica del collage usando tasselli musicali di ogni genere: rock, rumori, discorsi, commercial, arie da operetta, folk, blues, jazz. Zappa si propone sin dagli inizi come un’artista eclettico, che non si ferma al solo aspetto musicale. Come consuetudine nel rock, anche per Zappa la copertina dell’album appartiene all’opera d’arte. Limitandoci all’aspetto musicale Zappa non si limita a suonare la chitarra all’interno del gruppo, ma ricopre anche il ruolo di compositore, direttore d’orchestra e produttore. Compone le linee melodiche e gli arrangiamenti, sceglie e dirige gli strumentisti necessari per i vari brani, usa la sala di registrazione in modo creativo come fosse un ulteriore strumento. Il risultato è una dissacrante critica alla società consumista e ai suoi miti, senza risparmiare anche chi si pone in alternativa ad essa. Costruisce parodie sulla vita americana dell’epoca descrivendo l’oppressione delle metropoli, le false promesse dei mass-media e l’annullamento della personalità.

5 marzo 2011

Un anno in conservatorio

Martedì era stato convocato il collegio dei docenti con all'ordine del giorno i corsi pre-accademici. Questi corsi , non ordinamentali, dovrebbero sostituire il vecchio ordinamento che dal prossimo anno non sarà più attivato. Ovviamente questi corsi non rilasceranno alcun titolo e, sopratutto, non saranno indispensabili per iscriversi al conservatorio. Per questo motivo se si decide di attivarli bisogna farlo con molta attenzione. A fronte di corsi pre-accademici impegnativi e costosi, la scelta di genitori o di chi aspira ad entrare in conservatorio probabilmente si rivolgerebbe al mercato privato. L'argomento è quindi delicato e di vitale importanza per il futuro dell'istituzione in cui operiamo, ma dopo mezz'ora di attesa il direttore ha dovuto sciogliere il collegio per la mancanza del numero legale! Quest'ultimo episodio è la riprova di quanto sia scarsa la partecipazione dei docenti alla vita del conservatorio. Questa scarsa propensione alla condivisione del lavoro, nonché alla sua organizzazione e pianificazione, è sempre stata una caratteristica degli insegnanti di conservatorio (almeno in quelli dove ho insegnato). Deriva dall'atteggiamento, ereditato dalle precedenti generazioni di docenti, di chiudersi nella propria aula e occuparsi solo della propria classe (in alcuni deprecabili casi neanche di quella). Quest'atteggiamento porterà inevitabilmente alla chiusura di quei conservatori che non offriranno un "prodotto" valido e competitivo. Molti colleghi non capiscono che ormai, per avere le iscrizioni necessarie alla nostra sopravvivanza, i conservatori dovranno confrontarsi con la realtà del "mercato" dell'istruzione musicale. C'è da dire che molti insegnanti di conservatorio sono prossimi alla pensione e per questo poco interessati al futuro della nostra istituzione, ma è un errore perché il futuro è di tutti e perché non mi sembra giusto che il nostro lavoro vada perduto.

24 febbraio 2011

Seminario su Frank Zappa

Yellow Shark

La musica di Frank Zappa
docente Francesco Baldi

La figura del musicista americano dagli esordi nella musica rock con le Mothers Of Invention alla consacrazione definitiva segnata dalle esecuzioni della sua musica da parte di grandi orchestre e di grandi solisti della musica classica e jazz.
Il seminario sarà supportato da registrazioni e filmati e si articolerà in 2 incontri che si effettueranno nel mese di marzo nei giorni:

venerdì 11 - lunedì 28 ore 10/12.30

Conservatorio Santa Cecilia

via dei Greci 18 – 00187 Roma
06.36096740/1

Sala dei Medaglioni


ufficio.stampa@conservatoriosantacecilia.it
http://www.conservatoriosantacecilia.it/

16 febbraio 2011

Un anno in conservatorio

Ho scritto questo post in conservatorio mentre aspettavo Yanina, la mia studentessa argentina di flauto complementare.
Oggi ho concordato le date per il mio seminario su Frank Zappa. Avevo chiesto di utilizzare la Sala dei Medaglioni, perché ho bisogno del videoproiettore e di un inpianto di diffusione sonora. La sala era praticamente già piena per tutto il mese di marzo, ma la signora Angela è riuscita a trovare due mattinate libere il venerdì 11 e il lunedì 28. Questo seminario mi è utile anche per introdurre il corso di Storia della Musica Rock che proporrò per il prossimo anno accademico, nonché per verificare l'utilizzo dell'attrezzatura del conservatorio (e del mio nuovo computer portatile).
Le altre piccole novità sono che ho capito che il giornale accademico (registro) è diviso in due parti: la prima per il corso istituzionale (vecchio ordinamento); la seconda per il nuovo ordinamento dove gli studenti devono firmare per la presenza. Ho anche ripreso a utilizzare il badge (cartellino) per certificare l'entrata e l'uscita dopo che una circolare del direttore trasmetteva la risposta dell'ARAN (agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni), in verità poco chiara, in merito alle disposizioni per il rilevamento delle ore di servizio. Infine mi sono reso conto di aver fatto due lezioni in più non previste nel mio monte-ore che quindi dovrò modificare.

3 febbraio 2011

Un anno in conservatorio

In una bacheca piena di comunicazioni per gli studenti, che in questi giorni stanno votando per il rinnovo della loro consulta, compare un avviso rivolto ai docenti relativo alla presentazione del programma dei saggi che dovrà essere consegnato improrogabilmente entro il giorno 19 febbraio. Bene, mettiamoci al lavoro! Ho sempre considerato i saggi un evento importante per la didattica dello strumento. Non li ho mai concepiti come una "passerella" per fare bella figura, ma il momento in cui i ragazzi si esercitano nella realizzazione di una esecuzione pubblica. I saggi dovrebbero essere la manifestazione più importante in una scuola di musica come il conservatorio. Purtroppo l'esperienza degli ultimi anni al conservatorio di Frosinone è stata negativa: saggi organizzati in maniera superficiale (addirittura in concomitanza) e relegati in secondo piano rispetto ad altre manifestazioni dove suonavano o dirigevano docenti dell'istituto. Mi ricordo che quando ero studente ho conoscito tanta musica andando ad ascoltare i saggi dei miei compagni, per non parlare dell'emozione di suonare nella stessa sala dove avevo ascoltato grandi interpreti di livello internazionale. Purtroppo ho saputo che attualmente i saggi si tengono nella Sala dei Medaglioni e non in quella Accademica. Va bene lo stesso. Al momento stiamo definendo i pezzi da suonare e cercando collaborazioni pianistiche.

14 gennaio 2011

Un anno in conservatorio

Fine delle ferie invernali: mangiate, settimane bianche, parenti, viaggi, regali... Al ritorno lezioni scarse o... inesistenti. Capita spesso di questo periodo e sopratutto ai più giovani, ma questa settimana nessuno ha dimostrato di aver studiato a sufficienza. C'era anche chi aveva impedimenti fisici o era malato. In ogni caso spero che i ragazzi abbiano un rendimento maggiore fin dalle prossime settimane.
Qualche considerazione va fatta: vedo confermato che a questi ragazzi mancano le motivazioni per studiare musica a livello professionale. Quasi tutti pongono lo studio della musica in secondo piano, perché non vedono sbocchi professionali (almeno nel nostro paese). Ci sono colleghi che continuano a considerare il conservatorio una scuola di "eccellenza". Ma "eccellenza" per fare cosa?