8 aprile 2011

Van Der Graaf Generator

Nel 1967 a Manchester si forma una band che decide di chiamarsi come il generatore di Van de Graaff, ma con una sola f finale. Dei componenti del gruppo iniziale rimarrà solo il cantante Peter Hammill che con Guy Evans alla battera, Keith Ellis al basso e Hugh Banton all’organo inciderà il primo album The Aerosol Grey Machine (Mercury, 1969).
L'anno seguente esce The Least We Can Do Is Wave To Each Other (Charisma, 1970), con il sassofonista David Jackson e il bassista Nic Potter al posto di Ellis. Con quest'album il gruppo si libera delle reminescenze psichedeliche mettendo a fuoco un sound personalissimo dai toni cupi, a volte drammatici, che lo caratterizzerà tra i gruppi storici del progressive. Nonostante lo scarso successo di vendite, nello stesso anno esce H To He Who Am The Only One (Charisma, 1970) formato da 5 brani tra i quali Killer, Lost e Pioneers Over c. Durante la registrazione dell'album Nic Potter decide di lasciare la band che continua il lavoro senza l'utilizzo del basso. Questo quartetto è considerato la formazione classica e più conosciuta del gruppo, nonché quella che incide Pawn Hearts (Charisma, 1971), considerato da molti il loro lavoro più interessante e rappresentativo. Si tratta di un album fondamentale per tutta la musica progressiva. È formato da tre lunghe suite: Lemmings, Man-Erg e A Plague Of The Lighthouse Keeper.

Hammill è l'autore dei testi e di quasi tutti i brani dei VDGG, ma a causa di difficoltà economiche decide di sciogliere il gruppo per proseguire i suoi progetti solisti. I quattro rimangono in buoni rapporti e continuano a collaborare suonando nei lavori solisti di Hammill. Nel 1975 si ripresentano con il nome del gruppo e pubblicano Godbluff (Charisma, 1975).

Seguono diversi cambiamenti di formazione, sottolineati dall'abbreviazione del nome in Van Der Graaf per indicare la mancanza di una parte del gruppo, e lo scioglimento nel 1978 segnato anche dall'uscita di Vital (Charisma, 1978), un doppio album live registrato al Marquee Club di Londra.

Peter Hammill continuerà il suo percorso da solista, con risultati alterni, pubblicando numerosi album. Dopo alcune performance insieme, inaspettatamente Hammil, Evans, Banton e Jackson ricostituiscono il gruppo per registrare l'album Present (EMI, 2005). Si tratta di un album doppio con il primo cd formato da canzoni, mentre il secondo contiene improvvisazioni in studio. Segue un concerto alla Royal Festival Hall e un tour europeo. Dopo questa esperienza Jackson decide di abbandonare la band che, ridotta a un trio, pubblica Trisector (Virgin, 2008) e A Grounding In Numbers (Esoteric/ Cherry Red, 2011).

Lunedì scorso sono andato ad ascoltare il concerto romano del tour europeo dopo l'uscita di A Grounding in Numbers. Anche se ho sentito la mancanza dei fiati di Jackson, il trio ha offerto un concerto di grande livello alternando i brani recenti a quelli del passato come la bellissima Man-Erg. L'uso della voce di Hammil è sempre efficace ed essenziale, senza inutili concessioni estetiche e al servizio del testo e della musica al pari degli altri strumenti. In un buon italiano con accento British (Hammil ha collaborato con Le Orme per i quali ha anche scritto i testi della versione inglese di Felona e Sorona), durante la preparazione di un brano ha lapalissianamente commentato che: Quando è piano è veramante piano, ma quando è forte è veramente forte.

3 aprile 2011

Kora

La kora è uno strumento musicale particolarmente diffuso presso i popoli Mandinka dell’Africa occidentale (Mali, Guinea, Senegal e Gambia). del gruppo dei cordofoni, della famiglia delle arpe a ponte; organologicamente è considerata un’arpa-liuto.

La cassa di risonanza è costituita da una mezza zucca vuota (calebasse) ricoperta di pelle di animale (antilope o mucca) dal quale sporge un lungo manico su cui vengono legatele le corde tramite anelli di pelle che, opportunamente spostati, servono anche per variare l’accordatura dello strumento. In origine le corde erano solo 3, ma attualmente sono 21 con varianti da 23 fino ad un massimo di 28 corde che si ripartiscono su due file parallele e separate da un ponticello. Le corde erano tradizionalmente fatte di budello o di cuoio (antilope); oggi viene spesso usato il filo di nylon (filo da pesca) oppure le corde d’arpa. Per formare una corda più spessa con un timbro specifico (ad esempio per i bassi) talvolta si usa intrecciare i fili.

La kora è lo strumento tradizionale degli jali (djeli) o griot, una sorta di cantastorie depositari della conoscenza sulle tradizioni, le gesta degli antenati, gli alberi genealogici dei clan, ovvero dell’intera tradizionale orale del popolo. Per questo motivo i griots godono di un grande rispetto presso i popoli Mandinka e un tempo erano consiglieri del re. Ogni famiglia principesca aveva il suo griot incaricato di conservarne la tradizione e le gesta.

L’esecutore suona lo strumento ponendolo davanti a sé e pizzicando le corde con il pollice e l’indice di entrambe le mani. Ogni composizione viene eseguita seguendo una accordatura specifica: tomora ba (o sila ba), hardino, sauta e tomora mesengo che corrispondono grosso modo alla scala maggiore, alla scala minore, alla scala lidia e alla scala blues.

Un anno in conservatorio

Ieri è stato l'ultimo giorno del seminario sulle Musiche dell'Africa centromeridionale tenuto da Serena Facci.

Abbiamo incontrato due musicisti: “Kaw” Dialy Mady Sissoko (Mali) ci ha presentato la kora, Ruggero Artale (Italia) il djembé. È stato un incontro molto interessante, durante il quale abbiamo potuto ascoltare alcuni esempi e brani musicali della musica africana (zona Mali/Senegal).