All’inizio del '900 la città di New Orleans era formata da una straordinaria mescolanza di razze, classi sociali e culture: immigrati italiani, tedeschi e slavi; aristocratici, piccolo-borghesi ed ex schiavi; mulatti (creoli) afro-francesi, afro-inglesi o afro-spagnoli. Tutti con le loro diverse tradizioni musicali: dalla musica da ballo a quela classica e ai canti religiosi o profani dei primi schiavi neri del Sud.
Un nuovo stile musicale prese forma nelle marching bands (le fanfare che accompagnavano i funerali) e nelle brass band (orchestrine di ottoni dedicate all’intrattenimento).
Tra i primi grandi leader ricordiamo il cornettista Buddy Bolden (del quale non esiste alcuna documentazione sonora) e Louis Armstrong. Nel 1896 a New Orleans il consigliere municipale Sidney Story promulgò una ordinanza che circoscriveva l’esercizio della prostituzione in un quartiere in seguito chiamato Storyville e che per 20 anni diventò la capitale del vizio degli Stati Uniti.
La caratteristica principale dello stile di New Orleans è l’esecuzione di linee melodiche improvvisate su semplici e tradizionali progressioni armoniche, con la presenza centrale di tre strumenti: tromba, trombone e clarinetto accompagnati da una sezione ritmica. Quella musica era suonata dai musicisti della prima generazione del jazz come King Oliver, Sidney Bechet e Kid Ory, nonché il già citato Louis Armstrong.
Fu la chiusura di Storyville, nel 1917, che spinse i musicisti jazz a trasferirsi in altre città o a cercare lavoro sui riverboats, i battelli che solcavano il Mississippi e che ospitavano grandi orchestre come quella del pianista Fate Marable.
Jelly Roll Morton fu tra i primi a portare nel jazz la ricchezza del ragtime, dando più spazio all’improvvisazione e maggiore importanza all’arrangiamento.
Sidney Bechet si affermò con il sassofono soprano in un’epoca ancora dominata dalla tromba. Tra i jazzisti bianchi è da segnalare la Original Dixieland Band fondata da Nick La Rocca, passato alla storia per aver inciso il primo disco jazz nel 1917.
Negli anni venti il jazz divenne anche un modo di vivere e per tutta l’America fu l’epoca della Jazz Age. Aumentarono i gruppi di jazzisti bianchi, sopratutto a Chicago e il jazz non venne più suonato solo nei locali dei ghetti neri, ma molti teatri iniziarono ad ospitare i più famosi gruppi jazz.
In questi anni si sviluppa l’industria dei cosiddetti race records destinati al pubblico di colore.